18 aprile 2010 - Alpinismo come fatto culturale e sociale. Si chiude il convegno della Scuola Alpina della Guardia di Finanza
COMUNICATO STAMPA
16 aprile 2010
Alpinismo come fatto culturale e sociale. Si chiude il convegno della Scuola Alpina della Guardia di FinanzaUltima giornata ricca d'interventi al Convegno organizzato in occasione del 90 della Scuola AlpinaSi è chiuso oggi, alla Scuola Alpina della Guardia di Finanza, a Predazzo, il convegno "L'alpinismo fra Etica e Tecnica. Il ruolo della Scuola Alpina della Guardia di Finanza", organizzato dalla Scuola in collaborazione con il Club Alpino Italiano e la Provincia Autonoma di Trento. Il tema affrontato è stato "L'alpinismo come fatto culturale e sociale, sul quale sono intervenuti i giornalisti Roberto Mantovani, Eugenio Pesci e Marco Albino Ferrari, e gli alpinisti Giacomo Stefani, Maurizio Dalla Libera, Alessandro Gogna e Spiro Dalla Porta XydiasDopo i saluti e i ringraziamenti del Generale di Corpo d'Armata Ugo Marchetti, e l'introduzione di Annibale Salsa, Presidente generale del CAI, la parola è passata a Roberto Mantovani, affermato storico dell'alpinismo, che ha aperto i lavori con un excursus storico nel quale ha delineato quattro poli fondamentali per una dialettica dell'alpinismo: la cultura, intesa come scienza, il gioco, lo sport, e il loisir, inteso in senso tradizionale come divertimento nel tempo libero."Fino al 1850, secondo un'etica borghese, non vi era alpinismo senza giustificazione scientifica" - ha affermato Mantovani - "la scalata del 1786 del Monte Bianco portò alla scoperta di un nuovo spazio, quello alpino, e all'annullamento della distanza tra osservatore e paesaggio osservato", e furono gli inglesi, in piena epoca coloniale, ad introdurre la dimensione giocosa, trasformando le alpi nel "Playground d'Europa". "Il continente non comprese - ha proseguito Mantovani - questo tipo di attività, fino a quando la nascita dei club alpini, in particolare quello italiano, non portò a riappropriarsi del territorio, sfociando - in un'ottica nazionalista - nella "guerra delle bandiere".La situazione rimase così fino agli anni 70 del secolo scorso, momento transitorio che riumanizzò l'alpinismo, attraverso la dimensione sportiva - in primis l'arrampicata - viatico per una "montagna come universo dove diventa possibile misurare se stessi all'interno di una natura non domata". "Ora, ha concluso Mantovani - bisogna far dialogare queste diversi modi di intendere l'alpinismo per riuscire a darne una definizione"."L'alpinismo non è uno sport in senso agonistico ma un percorso individuale, che porta ad un nuova conoscenza di se stessi e un accrescimento culturale". Così Giacomo Stefani, Presidente generale del Club Alpino Accademico Italiano, ha introdotto nel dibattito la dimensione personale, sottolineando che l'alpinismo è "un'avventura, un percorso di ricerca indispensabile per l'uomo, che tutti noi abbiamo nel nostro modo di vivere e di pensare ma che non è non da dimostrare agli altri come risultato, ma qualcosa che viene fatto per sé. L'importante non è la meta - ha concluso Stefani citando il grande alpinista Peters - ma il percorso che si fa". Un pensiero confermato anche da Eugenio Pesci, che ha affrontato il tema mettendo a confronto omologazione e immaginazione: "Usare la ragione e il buonsenso per organizzare l'alpinismo è fondamentale, altrimenti diventa un esercizio per la gloria e il rischio che si corre - osserva Pesci - è che l'alpinismo si trasformi in un puro spettacolo fine a se stesso, entrando in una dimensione di esistenza omologata.""In questo contesto magmatico, di difficile definizione, che va accettato nella sua globalità - ha concluso Pesci - bisogna adoperarsi per evitare i messaggi tendenziosi, e per una comunicazione che costruisca un'etica salvaguardando il senso ultimo della montagna e dell'alpinismo, che va affrontato in primo luogo per sé stessi"."Secondo una visione psicoanalitica la montagna è un simbolo nel quale ritrovare sé stessi" - così ha prosegu ito Marco Albino Ferrari, direttore di Meridiani Montagne: "la dimensione dell'inutile si pone come un segno di rottura e dà all'alpinismo una dimensione speciale e un po' estranea al sentire della nostra società. Se tutto è misurabile, quantificabile, e assume valore solo se ha risvolti utilitaristici si perde la dimensione del sogno, che parte dall'esperienza dell'alpinista"."Per questo - osserva Ferrari - la dimensione pedagogica e comunicativa diventano fondamentali, specialmente nella letteratura di montagna, in contrapposizione al mondo della vita normale, zavorrata, dove tutto concorre a creare una condizione di staticità. Saremmo disposti - conclude Ferrari - se ci togliessero il sogno a pagare tantissimo per continuare a sognare".Nel corso della mattinata è intervenuto inoltre Cristian Brenna, alpinista e militare del Soccorso Alpino della Guardia di Finanza che ha raccontato la sua esperienza di passaggio da arrampicatore sportivo ad alpinista, in particolare come la spedizione del 2008 organizzata dalla GdF con il sostegno della Provincia Autonoma di Trento nella Miyar Valley in India abbia fatto maturare in lui la passione per l'alpinismo e i grandi spazi delle montagne. "L'attività nel soccorso alpino della Finanza mi ha portato a conoscere i mondi dell'alpinismo che non sono solo quelli estremamente tecnici".Alla riapertura dei lavori nel primo pomeriggio, è intervenuto Maurizio Dalla Libera, Presidente della Commissione Nazionale Scuole di Alpinismo, Scialpinismo e Arrampicata del CAI, che ha raccontato l'esperienza e il ruolo delle scuole del CAI, sottolineando gli aspetti tecnici e culturali del lavoro di formazione svolto dalle scuole, e come la collaborazione con la Gdf sia uno strumento davvero efficace per diffondere l'amore per la montagna e la cultura della sicurezza.E' stato poi il turno di Alessandro Gogna, alpinista che ha affrontato il tema della sicurezza in montagna come fatto culturale: "L'ottimismo della nostra società odierna sulla messa in sicurezza - ha affermato Gogna - della nostra attività alpinistica e scialpinistica può essere traditore e occorre, oltre a dotarsi di mezzi e sistemi consigliati, apprendere precedentemente una sicurezza interiore che purtroppo nessuna scuola può insegnare o - ha concluso Gogna - nessun negozio può vendere"Infine Spiro Dalla Porta Xydias, scrittore e Accademico del CAI, ha affrontato il tema definendo l'etica da un punto di vista più generale, non solo in confronto all'attività sportiva. "La montagna - sostiene Dalla Porta Xydias - è sempre stato il luogo della riflessione, dove storicamente i grandi saggi, anche religiosi, andavano a meditare"."L'uomo - ha proseguito Dalla Porta Xydias - è fatto di corpo e di spirito, ma dov'è lo spirito ora, nella società? E' trascurato, lasciato in una prospettiva solo intellettiva, spirituale, specialmente nell'arte, ma che così tralascia la prospettiva fisica. "Al contrario l'alpinismo - ha concluso Dalla Porta Xydias - porta in vetta sia il corpo che lo spirito".Il convegno si è concluso con il saluto del Colonnello Secondo Alciati, comandante della Scuola Alpina della Guardia di Finanza che ha ringraziato i partecipanti, i relatori e ha ricordato il ruolo della Scuola in questi 90 anni di storia, all'insegna di quei valori come il senso del dovere e la solidarietà che sono propri della montagna e che confermano la validità e l'attualità di questo istituto che fa dell'etica e della tecnica un proprio valore fondante. Il colonnello ha inoltre rivolto un grazie particolare al Presidente generale del CAI Annibale Salsa che ha condotto la tre giorni di convegno stimolando pubblico e relatori sulle diverse tematiche proposte e approfondite nelle relazioni e nel dibattito. Salsa, chiudendo i lavori, ha ripercorso le tappe della tre giorni, dipanando il filo comune che ha legato gli interventi: senso del limite, consapevolezza, etica.