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IL CAI

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La nostra storia

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la nostra storia (pagina 3)

Un ulteriore elemento cementante del carattere nazionale a livello culturale fu l’iniziativa editoriale della Guida dei Monti d’Italia, che, iniziata nel 1908 con il volume sulle Alpi Marittime, e giunta oggi quasi a compimento dell’opera in 63 volumi con la pubblicazione di “Appennino Meridionale” costituisce la più completa descrizione geografica, geologica, alpinistica del territorio montano d’Italia.  

 

Dal 10 giugno 1940 con l’entrata in guerra dell’Italia accanto all’Asse, l’attività del CAI proseguì, seppur in forma ridotta, sia per la chiamata dei giovani alle armi, sia per le difficoltà di spostamento, sia per le disposizioni governative che ne avevano rivoluzionato la struttura. Nel 1943 con la caduta del fascismo il CAI proclamava di essere integro nella propria struttura patrimoniale, spirituale e organizzativa, e di aver riacquistato la propria completa indipendenza. Dal 1944 il CAI si vide impegnato ad operare su due fronti: quello della Resistenza e quello della ricostruzione.     

 

Le distruzioni belliche non risparmiarono il patrimonio dei Rifugi, anche perché in realtà i 380 Rifugi delle Alpi e degli Appennini furono i quartieri generali migliori nella lotta per la resistenza e la liberazione: 64 furono completamente distrutti e gran parte degli altri danneggiati dai reparti tedesco-fascisti. La partecipazione al movimento di liberazione fu larghissima in tutte le zone da parte di accademici, soci, custodi di rifugi, che si distinsero anche nell’opera di appoggio e assistenza ai profughi ebrei che attraverso i passi alpini cercavano salvamento in Svizzera.   

 

L’opera prestata dal CAI per la  riappacificazione nazionale e per la ricostruzione sia morale che delle infrastrutture venne sancita in una dichiarazione di comunità d’intenti del 6 agosto 1945 in cui si stabilì che: “unità nazionale, apoliticità, concordia nella collaborazione” sono indispensabili e “ogni attentato a questo principio va respinto”.

 

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