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i nostri rifugi, rispetto al più ampio panorama delle strutture ed

opere alpine.

Ora che, dopo un periodo di lunga

prorogatio

della precedente,

la cui funzionalità è stata assicurata prevalentemente dalla

abnegazione di Samuele Manzotti, si è insediata la nuova

Commissione Centrale Rifugi e opere alpine, sulla quale

facciamo grande affidamento, è possibile riprendere il

messaggio contenuto nell’espressione sopra ricordata e, anche

alla luce di recenti polemiche, avviare una più marcata ricerca di

identità che sia propria dei rifugi del CAI.

Dalla notizia della disdetta da parte della Sezione di Milano

dei contratti relativi ai propri rifugi, benchè in una dichiarata

prospettiva di rinnovi, infatti, hanno preso spunto articoli di

stampa, come quello del Corriere della Sera del 22.12.2016,

dal titolo “

La rivolta dei rifugi

”, e la creazione di una pagina

Facebook dal titolo “

Salviamo i rifugi

” da parte della scrittrice

Mirella Tenderini, di cui sono noti la sensibilità e l’amore per la

montagna.

L’ipotesi formulata è quella di strane derive nel futuro delle

strutture, con affermazioni del tipo: “

vogliono trasformarli in

alberghi

”.

Ne seguiva la pacata, ma puntuale replica del Presidente

Massimo Minotti con cui riferiva la volontà della Sezione, ben

lungi dal perseguire esasperate redditività, di condividere

impegni pluriennali e progetti di salvaguardia e promozione

della struttura e del territorio, nel rispetto costante del Codice

etico adottato dal CAI, peraltro con l’impegno di reinvestire

obbligatoriamente una parte del canone in migliorie.

Nell’editoriale: “

E’ tempo di riparlare di rifugi

” ho prontamente

richiamato le posizioni costantemente espresse dal CAI da parte

dei suoi Presidenti Generali, ricordando la netta affermazione

del Past President Martini nella prefazione alla Guida ai Rifugi

del CAI: “

vogliamo mantenere quelli esistenti, ma siamo contrari

a nuove opere, specialmente ai tentativi di trasformare i rifugi in

alberghi di montagna

”, ribadite dall’intervento del Past President

Salsa in “

il rifugio di montagna come presidio territoriale”: “Il

rifugio, per sua stessa definizione e poiché le parole dovrebbero

essere lo specchio delle cose, non può e non deve essere

confuso con la struttura alberghiera

”.

Concetti del tutto analoghi venivano espressi dal Presidente

della Sezione SAT, proprietaria di ben 35 rifugi, Claudio Bassetti,

di fronte alle richieste avanzate da una nuova tipologia di utenti,

incline a sollecitare servizi di livello sempre più elevato, quasi

a voler costringere a modificare le strutture per adattarle a tali

esigenze: “

I rifugi non diventeranno Hotel

”, poiché intendiamo

mantenere equilibrio, sobrietà e misura, senza indulgere od

assecondare mode o richieste estemporanee o rincorrere

mercati senza futuro

”.

Per parte mia non posso che confermare la posizione del CAI

che, per quanto riguarda i propri rifugi, è ancorata ad analoga

volontà: dare risposta adeguata ad esigenze di sicurezza

e di igiene e, perché no, di qualità nell’accoglienza, senza

però abdicare a stili di vita improntati alla sobrietà e, ancor

meno, indulgere a derive a favore di un turismo che intende

semplicemente spostare più in alto le comodità degli hotel di

valle.

E, coerentemente, la nuova Commissione si è posta come

obiettivi il recupero del valore intrinseco del rifugio del CAI

come “

portatore sano dei valori di montagna

” e, ad un tempo,

la valorizzazione del senso di appartenenza, attraverso una

rivisitazione delle agevolazioni a favore dei Soci.

A tal fine sarà costituito un tavolo permanente di confronto

tra le Sezioni proprietarie ed i rifugisti, onde verificare se e in

che termini sia possibile contemperare le rispettive, a volte

confliggenti, esigenze, sul presupposto, però, della comune

volontà di attribuire a questi

presidi di montagna

una identità

che li distingua e connoti per qualità, associata a sobrietà e

senso dei luoghi.

In tale prospettiva si pone il Corso di formazione per futuri

gestori, che è stato organizzato dal CAI Lombardia a Lecco

per la promozione, presso i giovani, di una “professione” che,

proprio per le ragioni predette, si inserisce a pieno titolo nel più

vasto progetto culturale della montagna da vivere e da far vivere.

7) I giovani

Quali generazioni vogliamo lasciare in eredità allamontagna

?”.

Questo è il titolo di uno scritto coinvolgente del nostro Socio

Alberto Meschiari che, proponendo l’etica del reincanto, invita

a riprendersi la vita superando i condizionamenti mediatici,

l’adeguamento, abitudine e le resistenze al cambiamento.

Si supera, così, il più ricorrente: “

Quale montagna vogliamo

lasciare in eredità alle future generazioni?

”, spostando

l’osservazione direttamente sui giovani quali futuri fruitori di

una montagna che forse noi saremo, faticosamente, riusciti a

conservare.

La montagna: un luogo per i giovani

”: così scriveva Renata

Viviani, in allora Presidente CAI Lombardia, presentando il

Diario di esperienze in montagna dell’alpinismo giovanile,

sottolineando il grande patrimonio di esperienza costituitosi

con l’attività della relativa Commissione, fondata sul progetto

educativo, tutt’ora valido e identitario.

Per questo dobbiamo dare risposta all’interrogativo iniziale,

facendo affidamento sulla neo insediata Commissione Alpinismo

Giovanile che deve riaffermare, nei fatti, la propria specificità,

quella che la rende, ad un tempo, trasversale rispetto ad altre

Commissioni, ma unica solo se, ed in quanto, capace di operare

in un’ottica di progettualità educativa.

Valorizzare l’esperienza personale e di gruppo in montagna –

prosegue Renata Viviani

– con la sua eco emotiva e cognitiva,

fatta di esperienze sensoriali ancestrali, quali il grandioso, il

verticale, il vuoto, il vasto, l’impervio, il buio e il temporalmente

rallentato, può diventare un fattore di attrazione difficilmente

riscontrabile nelle proposte della vita quotidiana, dominata dal

virtuale, dall’addomesticato e dal vorticoso

”.

Questo, e non altro, è il compito dell’alpinismo giovanile, cui

affidiamo i nostri Soci più giovani.

Non possiamo, poi, dimenticare il “

Progetto juniores

”, già

avviato e attualmente in atto presso alcune Sezioni: si tratta

di un’iniziativa certamente meritevole di essere incentivata e

ulteriormente promossa, interessando una fascia di età (quella

dai 18 ai 25 anni) che, attraverso attrazioni come l’arrampicata

e agevolazioni per il loro ingresso tra i titolati ed i dirigenti in via

di formazione, potrà consentire la protratta fidelizzazione di chi

giunge al termine della fase tipicamente di alpinismo giovanile.

Certamente sarà sui nostri giovani che dovranno concentrarsi

le politiche di educazione ambientale e di avvicinamento alla

conoscenza scientifica, attraverso gli operatori della TAM e

del Comitato Scientifico, con un’azione concertata con gli

accompagnatori di alpinismo giovanile.

8) I terremoti dell’Italia centrale e i sentieri

Il 24 agosto 2016 una serie ininterrotta di scosse di terremoto

ha duramente colpito Amatrice, Accumoli, Arquata e Pescara